Non siamo un Paese “strozzato” dalle tasse, ma un Paese in cui il peso del fisco è concentrato su una minoranza di contribuenti. È la fotografia che emerge dalla dodicesima edizione dell’Osservatorio sulle entrate fiscali, a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, presentata questo pomeriggio alla Camera dei Deputati insieme a CIDA, sostenitrice della ricerca, in occasione del convegno “Il difficile finanziamento del welfare italiano”.
Dalla rielaborazione dei dati MEF e Agenzia delle Entrate emerge infatti che, nel 2024, su una popolazione di 58.997.201 cittadini residenti sono stati 42.570.078 quanti hanno presentato una dichiarazione dei redditi (con riferimento all’anno di imposta precedente). A versare almeno 1 euro di IRPEF, però, solo 33.540.428 residenti, vale a dire poco più della metà degli italiani; a ogni contribuente corrispondono quindi 1,386 abitanti. Dati che non sembrano riflettere la narrazione di una popolazione oppressa dalle tasse, ancora di più se incrociati con quelli relativi all’effettiva ripartizione del carico fiscale: su 42,6 milioni di dichiaranti, poi, il 76,87% dell’intera IRPEF è pagato da circa 11,6 milioni di milioni di contribuenti, mentre i restanti 31 ne pagano solo il 23,13%.
Ma quindi chi paga davvero le tasse in Italia? A salire, la scomposizione per scaglione mostra quei poco più di 7 milioni di versanti con redditi superiori ai 35mila euro che, nella sostanza, si fanno carico del finanziamento del nostro welfare state. Più precisamente, esaminando le dichiarazioni relative agli scaglioni di reddito più elevato, sopra i 100mila euro, l’Osservatorio individua solo l’1,65% dei contribuenti (poco più di 700mila persone, meno degli abitanti della città di Torino, per fare un esempio) che, tuttavia, versano il 22,43% del totale IRPEF. Sommando i 1.776.374 ( il 4,17% del totale, paganti il 17,88% del totale delle imposte) titolari di redditi lordi da 55.000 a 100mila euro, si ottiene che il 5,82% paga il 40,31% dell’IRPEF. Includendo anche i redditi dai 35.000 ai 55mila euro lordi, risulta pertanto che il 17,17% paga il 63,71% dell’imposta sui redditi delle persone fisiche. Ricomprendendo infine lo scaglione 29mila-35mila euro, “autosufficiente” su quasi tutte le funzioni di welfare salvo una quota di assistenza, si ottiene che il 27,41% dei contribuenti corrisponde il 76,87% dell’IRPEF complessiva e, si suppone, una quota altrettanto rilevante delle altre imposte.
Volendo esemplificare la poco efficace progressività nella ripartizione del carico fiscale, basti fare un esempio: considerando l’effetto TIR: al 2023 le imposte pagate da un lavoratore dipendente con un reddito tra 35 e 55mila euro sono 34 volte quelle di un reddito tra 7.500 e 15mila euro, mentre tra 100.000 – che valgono al netto delle tasse circa 52mila euro – e 200.000 euro sono pari a 149 volte; con oltre 300mila euro di reddito, l’imposta equivale a 814 lavoratori tra 7.500 e 15mila euro (133 con redditi tra 15 e 20mila).
UN POPOLO OPPRESSO DALLE TASSE? NON ESATTAMENTE – Cida